Inghiottitoio di Val di Varri 1973 - Umberto Alegiani
Quando decidemmo (era il lontano 1973), di realizzare questo filmato nella grotta di Val di Varri, volevamo, evitando l’aspetto tecnico, rendere un’idea, a chi non pratica la speleologia, di come fosse una grotta vista alla sola luce delle lampade frontali e far rivivere, dal buio che avvolge come un manto chi vi penetra, l’emozione della scoperta di questo incredibile ambiente. Lo facemmo con l’incoscienza della giovinezza, ignari (o quasi), che avremmo dovuto smontare trasportare e rimontare in montagna un gruppo elettrogeno del peso di 600 Kg, allestire e stendere 2 km di cavi, costruire e portare in grotta proiettori grandi come zaini… per poi, alla fine, all’esame del materiale girato, scartare tutto perché troppo illuminato rispetto alla realtà! Non potevamo certo immaginare che dopo tanto lavoro avremmo dovuto allestire nuovi proiettori e portare per 2 km, su e giù per pozzi e sale, lungo il fiume per sifoni cascate e laghetti, 10 pesantissime batterie d’auto con relativi cavi! Erano i tempi delle scale auto costruite, delle sicure fatte a spalla e delle tute da meccanico indossate sopra i jeans e maglioni in disuso… Discensori, spit, kroll, imbraghi, maniglie e pedali, sarebbero arrivati solo più tardi. Nel 73 le telecamere erano enormi, costosissime e molto pesanti e, a meno di essere della RAI, fuori della portata di qualsiasi gruppo speleologico. Qualche professionista in quel periodo aveva girato qualcosa in 35mm ma per noi, mossi solo dalla nostra passione e perennemente senza soldi in cassa, era troppo anche quello! Così, giocoforza, riprendemmo tutto con una cinepresa amatoriale in superotto, utilizzando l’unica pellicola “sensibile” disponibile sul mercato in quel momento: la 160 asa (in pratica un prodotto poco diverso da quello usato per gli esterni, con in più il grave problema di dover essere spedito per posta per lo sviluppo! (con tempi di restituzione non inferiori a 30 giorni). Così, appollaiati su una roccia, appesi ad una scala, infangati, stanchi e bagnati, riprendemmo e riportammo a casa le immagini della nostra avventura. Mai, dopo tante serate passate a discutere e a montare il materiale, avremmo potuto pensare che il destino beffardo si sarebbe preso così gioco di noi, facendoci perdere, a film ormai praticamente finito (mancava solo l’incisione del commento parlato), quasi completamente il risultato di tanto lavoro. Così andò purtroppo! Il laboratorio Kodak incaricato di riportare la banda magnetica sulla pellicola sbagliò temperatura e in pochi instanti mando “in fumo” i nostri sforzi e le nostre speranze. Per questo, oggi, dopo circa 36 anni, ho voluto tentare un recupero di quella parte del materiale che, seppur danneggiato, è sopravvissuto alla disattenzione umana e che per noi che ne fummo gli autori rappresenta e rappresenterà sempre, quali che siano i graffi e le sfocature residue, un prodotto unico e caro, testimone della nostra passione e della nostra amicizia. Umberto Alegiani |
Volutamente ho lasciato il filmato così come era stato
recuperato e montato da Umberto con tutte le sue
imperfezioni, quasi a metafora visiva di questa attività e
di questa passione.
Difficile trovare un esempio migliore di ciò che io intendo per speleologia. La pellicola in super 8 è in fase di restauro. Forse non ci riusciremo, visto l'evidente stato di degrado dell'originale ma ci stiamo provando. Altre fotografie storiche del Gruppo Speleologico Monte Mario le potete vedere qui. Buona visione, Guglielmo Di Camillo |